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lunedì 28 dicembre 2009

Fin qui tutto bene 2: scelte sull'atterraggio

Questi giorni, scusatemi, ho scritto veramente poco.
Il fatto è che ho scoperto che a cadere non si riesce a scrivere in maniera coerente. E, nonostante gli attimi in cui la vertigine si fa sentire e l'ansia mi blocca la gola, me la sto godendo tutta, la caduta, col vento che mi soffia possente nelle orecchie e il caleidoscopio di immagini che mi passano davanti, senza mai guardare verso il basso.
Anche adesso, che avevo in mente di scrivere una cosa, mi son perso, ho preso velocità, ho cambiato idea.
Il fatto è che il fondo è vicino, e ad atterrare devo atterrare per forza. Preferite un arrivo silenzioso o un botto che basta solo lui per capodanno?
Datemi una risposta voi, che vi riguarda da vicino, che da come atterro si decideranno i post del prossimo mese o due, come minimo.

lunedì 21 dicembre 2009

Fin qui tutto bene

La prima, grande, totalizzante sensazione è il sangue che ricomincia a scorrermi potente nelle vene, riportandomi ad un livello di vita che quasi pensavo non mi appartenesse più.
L'adrenalina che arriva come un fiume in piena e io mi stupisco di come non ho bisogno di nessuno sforzo per trasformarmi nella persona spigliata e espansiva che proprio non sono.
Metto, ma solo per un attimo, l'autopilota, mentre nella testa faccio gran capriole e salti di gioia.
E poi è un ottovolante sotto acido, con la testa e il cuore che vanno su e giù per qualsiasi cosa. E poi momenti, pochi, pochissimi, di lucidità, in cui capisco che differenti occhi vedono cose diverse, e nello specchio della perfezione io non mi ci vedo riflesso.

Poi mi viene in mente questa frase, tratta da L'odio:
« Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene." Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio. »

Oggi mi riguarda tanto questa frase, tranne per una piccolissima differenza: io non ho bisogno di farmi coraggio; me la godo la caduta, io, che ho già accettato l'atterraggio.