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lunedì 3 maggio 2010

Scleropatomittenza 8: come stai?


Undici del mattino, sveglio da due ore dopo quattro di sonno agitato.
Spengo la quinta sigaretta, chiudo la terza telefonata di lavoro, ed è un'ora e mezza che soffoco inscatolato nel traffico.
Cinque tre, e chi vuole intendere intenda, per me ormai è un mantra.
Nelle gambe ho quaranta chilometri e due notti a ballare, sulla pelle le ustioni del sole e il gelo dell'acqua di mare i primi di maggio sotto un cielo color piombo, nello stomaco un fine settimana senza smettere di bere, nemmeno per sbaglio; dentro ho dei pezzi che non ne vogliono sapere di tornare insieme, e intanto qualcuno urla e scalcia e non ne vuole sapere di smettere di far danni.
Lunedì mattina rabbioso e compresso, alla ricerca di un week-end come valvola di sfogo; capiscilo da solo che oggi è inopportuno, volendo anche pericoloso, chiedermi "Come stai?".

sabato 16 gennaio 2010

Scleropatomittenza 7: non è orario d'ufficio.

Che quando si dice la fortuna...

...sappiamo che non mi riguarda.
Quel che invece può riguardarmi è arrivare venerdì sera alle sette e mezza, non prima, proprio alle sette e mezza, alla cassa del supermercato e non trovarsi più il bancomat.
Avessi fatto la spesa solo per me amen, me ne sarei tornato a casa, magari appena appena con l'umore nero, e avrei passato il fine settimana a pasta e niente, magari gustandomi quella retrospettiva sulle avanguardie cinematografiche russe d'inizio secolo di cui parlo sempre.
E invece la spesa era per la cena di stasera e il pranzo di domani in montagna di dieci, e dico dieci persone. Tra l'altro adesso presentatemi un'altra persona in grado di spendere ottanta euro per ubriacare e saziare due volte dieci persone. Mangiata e sbronza a cena, quattro euro, mangiata e sbronza a pranzo, quattro euro, per tutto il resto c'è(ra) il bancomat (o giùdi li, sistematevela voi questa battuta, che sto su un computer prestato, con dieci unni che bevono e si abbuffano nell'altra stanza e avrei una certa voglia di raggiungerli).
La cassiera mi guarda con occhio da triglia sul banco del pesce, e pure io non devo avere un'espressione più intelligente ma, siccome sono una persona a modo nonostante tutto, gli chiedo di perdonarmi, che a quanto pare il bancomat mi ha lasciato ed è scappato ai caraibi con qualcun'altro, probabilmente a spese mie, e in tasca ho ben cinque euro per sopravvivere al fine settimana. Senza farmi prendere dal panico prendo il telefono e chiamo il santo salvatore, per questa volta nelle vesti di mio padre, per dirgli di venire al supermercato, si, quello, e di portare il bancomat, no, tu non ti preoccupare e porta il bancomat. Me ne sto una mezz'ora, con il cellulare che intanto ha deciso di spegnersi, a pregare che il santo salvatore abbia capito dove e con cosa venire.
Arriva, paga, nota la modica quantità di alcolici che stazionano nel carrello mentre io comincio a maledire chi di dovere e ci dirigiamo a casa.
Il numero verde per bloccare la carta se ne sta il, occupato e sorridente, per una buona mezz'ora; poi il miracolo, suona libero, mi risponde un'operatore. Ora non tacciatemi di razzismo, ma la gente di quaggiù, fra i tanti difetti, è molto più disponibile di voi lassù, nel freddo e produttivo nord, e magari un operatore di qua sotto l'avrebbe capito da solo, senza bisogno di spiegazioni, che una madre che ti urla nell'orecchio libero dalla cornetta rende leggermente più complicato capire quello che stai dicendo, stronzo dalla voce flebile e dall'accento volutamente incomprensibile. Si, si è sentito che hai iniziato a parlare in dialetto subito dopo aver letto le mie origini, e per quanto la cosa non mi renda felice sei italiano pure te, parla, cortesemente, nella tua cazzo di lingua ufficiale, quella con le origini giudaico-cristiane che vai sbandierando, non in quella di origini teutoniche che comunque non ti riguardano, che quando passi il confine ti prendono per il culo pure a te, che sei italiano.
L'unica cosa che riesco a capire, prima che il simpatico e disponibile operatore riagganci senza darmi spiegazioni, è di attendere e segnarmi il numero (tanto chi non ha sempre carta e penna a portata di mano), e cosa ci devo fare con il numero, voi lettori che siete romani come me, lo sapete già.
Acquisito il numero importantissimo mi reco presso la più vicina caserma dei carabinieri, che pare abbiano, fra le altre cose, la funzione di raccogliere denunce.
Spiego via citofono il motivo della mia presenza in loco, che capire quello che dice al citofono, quando la caserma si trova giusto su una via trafficatissima, è una sciocchezza; rispiego al tipo il motivo della mia presenza in loco allo stesso tizio del citofono attraverso un vetro, che pare se lo sia dimenticato nel giro di forse trenta miei passi; mi sorride e mi spiega cortesemente (oh, sia chiaro che qua sono ironico) che posso tornare domani a sporgere la denuncia dalle otto alle venti.
Guardo l'orologio, otto e tredici minuti, nessuno a parte io e il tizio dall'altra parte del vetro (previdente!) in vista, io che ho la luna che più di traverso non si può, e lui a dirmi di tornare domani. Chiedo delucidazioni, giusto per scrupolo, e lo prego in ginocchio di fare un'eccezione, ma lui no, gli dispiace, non si può fare.
Non è orario d'ufficio.

Non è orario d'ufficio!

Non è orario d'ufficio!?

No. Non è orario d'ufficio.

Me ne torno a casa, raccomandando l'anima dell'uomo a quanti, nel mio personalissimo pantheon, sono amanti degli scherzi di pessimo gusto, che loro, che sono persone a modo come me, il loro lavoro lo fanno sempre, non solo in orario d'ufficio.


Che poi avevo in mente di scrivervi tutt'altro post, fra sei o sette ore, parlando di vizi, piaceri, e della protagonista di un sacco di miei post(quali sono vedetelo voi, non mi va di mettermi a lincarli), ma il mio personalissimo pantheon è pieno di amanti degli scherzi di pessimo gusto, e se non dirigo altrove la loro attenzione loro, che si annoiano facile, passano il tempo scherzando con me.
Magari quel post ve lo scrivo lunedì, che ora, se permettere, mi unirei ai dieci unni già citati, che m'è venuta voglia di bere.

martedì 12 gennaio 2010

Scleropatomittenza 6: il compleanno del boss

Oggi quaggiù è decisamente una buona giornata.
Il felide fastidioso finalmente ha schiodato dal sottoscala che qui chiamiamo ufficio, e se ne è andata a lavorare ai piani alti; si son stappate bottiglie di un certo spessore ieri sera qui sotto.
Le veline, due colleghe molto simpatiche, talmente simpatiche che continuano a rispondere con il sorriso a questo nomignolo quando io avrei già da tempo provveduto a decapitare il comico di turno con la lima per le unghie, dicono che lassù decisamente non è una buona giornata, che il felide fastidioso se lo sono ritrovate in stanza.
L'influenza nefanda del felide comunque non si è esaurita del tutto, che certi miracoli non riesce a farli nemmeno il padreterno.
Ci ha comunicato che venerdì sarà il compleanno del superboss, che è il capo del capo; io, che comunque mi considero una persona a modo, in un'impeto di entusiasmo ho preso a grattarmi la natica destra.
Ci ha detto che entro domani dobbiamo comunicargli i nomi dei partecipanti alla festa; io, che continuo a considerarmi una persona a modo, ho taciuto, mi è sembrato indelicato spiegargli che di venerdì pomeriggio partecipare alla festa del capo è attraente quanto un calcio nelle palle, addirittura doverlo comunicare in anticipo poi... Ma credo che spiegare una cosa del genere ad un felide attaccato agli ammenicoli non credo che valga l'ossigeno sprecato nel farlo.
Ha inoltre tenuto a precisare che aveva deciso, lei, che noi maschietti (uh!?) avremmo portato da bere, al resto pensavano ai piani alti. Ricapitolando io dovrei venire, comunicando il nome in anticipo, ritardando l'uscita dall'ufficio di venerdì sera, alla festa di un burocrate, e pagarvi pure da bere? Io, precario, con lo stipendio di dicembre dimezzato dalle ferie forzate? Non il superboss, quello che ha il contratto blindato e prende, esclusi eventuali compensi extracurriculari, al mese quando io prendo in un anno?
Io, che ci provo ad essere una persona a modo anche se fanno veramente di tutto per impedirmelo, mi sono esibito in una risata che così di cuore non succedeva da un pò, e sono uscito a fumare, che era proprio il caso.

Che poi io, questo grande capo, credo di non averlo ancora visto in faccia.

Le altre puntate di questa rubrica le trovate qui:
1,2,3,4 e 5.

venerdì 8 gennaio 2010

Scleropatomittenza 5: e buongiorno anche a voi

Ieri avevo detto che avevo una cosa da dirvi.
Ma mi sa che non ve la dico più, o almeno non oggi, che pare proprio abbia smesso di essere reale.
Che ho il mio inferno personale, io, che si nasconde dietro gli angoli bui; aspetta, il mio inferno personale, l'attimo esatto in cui comincio a rilassarmi, abbasso la guardia, inizio a dire "pare che vada tutto be..." e mi salta addosso da dietro. Giusto per ricordarmi che è la.

E buongiorno anche a voi

venerdì 18 dicembre 2009

Scleropatomittenza 4: gli auguri del capo

Ieri ero riuscito a scampare all'orrida sceneggiata, oggi, invece, non c'è stato verso.

Noto con preoccupazione fin dalla mattina che il fastidiosissimo felide già citato qui impartisce tutta eccitata ordini ai suoi succubi, gli fa pulire scrivanie, indossare stupidi cappellini natalizi, imbandire tavole.
Arrivano teglie di pizza, mortadella, mozzarelle, bottiglie di peroni e io, con un moto di disgusto, mi preparo a sopportare l'insopportabile.
Il capo, si, quello che ogni volta che scende nel sottoscala che chiamiamo ufficio non si rilassa se non ha insultato e accusato di nullafacenza e incompetenza almeno un paio di noi, quello che l'altro ieri ti voleva licenziare, quello che ti ha appena fatto sapere che in ferie ci vai punto e basta, e sti gran cavoli che non te le pagano, si, quel gran pezzo d'uomo, si presenta sorridente all'ora di pranzo, ci offende scherzosamente un pochettino e poi, quando sono arrivati tutti, inizia il discorsetto di natale.
E lo fa buonista, il discorsetto, pieno di stima e di speranze di continuare insieme, e di essere tutti una grande famiglia. E a me, che sto alla diplomazia come un vegetariano a una braciolata, un travaso di bile non me lo toglie nessuno.
A migliorare la situazione interviene il Lacchè del capo, che gira con una macchina da 80 mila euro e ha la sola funzione di fare il lacchè del capo, appunto. E ci tiene, e pure parecchio, a precisare quanto è grande il capo, che ci tiene tutti qui, che si sobbarca onori e oneri, più di tutti noi, in questo grande viaggio che facciamo insieme.
E a me, che mi faccio lo straordinario non pagato, e il più grande complimento ricevuto è un "Non capisci un cazzo", mi vien voglia di infilarglieli, onori, oneri e pure un paio di panettoni dove meglio potrebbe comprenderne l'importanza all'uomo che straparla.

Che poi a me il natale piace. Mi piace soprattutto la luce che fa l'albero di natale che ho a casa, mi piace leggere appoggiato al panno verde sul tavolo in salone, mi piace rivedere quel paio di parenti con cui sto bene, ma che, per un motivo o per un'altro, riesco a vedere solo a natale, e ad anni alterni.

Quando il capo nota il panettone, e lo apprezza, che è da intenditori, a me vengono in mente i manager milanesi che ti minacciano da febbraio a dicembre, dicendoti che l'obbiettivo, per loro, è arrivare insieme al panettone. Tanto non è loro il posto a rischio. Raggiungo il mio personale limite e me ne vado, guardatemi pure male. E fottetevi, voi e il natale, che me lo state mandando di traverso.

giovedì 17 dicembre 2009

Scleropatomittenza 3: Io, che di fantozziano ci terrei ad avere il meno possibile

Dopo il post di ieri me ne torno, quatto quatto, a scrivere di facezie.
Che il blog, almeno io, lo uso per tenere allenata la mente, per fargli prendere strade che normalmente non percorre, per renderla in grado di non assorbire passivamente. Oh, poi se capita, magari ne fate lo stesso uso anche voi, che fra leggere un post di tetrapiloctomia alla buona e guardarsi il grande fratello proprio non c'è paragone.

Oggi, comunque, mi è capitata una cosa che mi ha lasciato un vago senso di straniamento.
Che di solito io lavoro per aziende private, e certe scene non mi sono mai capitate.
Oggi invece, visto che sono finito a lavorare dentro un ministero, sono stato trasportato in una sala riunioni con un ricco buffet, circondato da un sacco di gente con stampato in faccia un sorriso che quello di Berlusconi risulta sincero, con un direttore che faceva un discorso di auguri che non ascoltava nessuno ma che tutti applaudivano.
Ad un certo punto alla mia sinistra c'era il ragionier Filini, alla mia destra la signorina Silvani e, visto che il capo sembrava sempre di più un Megadirettore, io, che di fantozziano ci terrei ad avere il meno possibile, sotto gli sguardi allibiti e parecchio invidiosi di tutti i presenti, me ne sono andato.

Che a essere precari e senza raccomandazioni, alle volte, ci si riesce a togliere soddisfazioni non da poco.

martedì 15 dicembre 2009

Scleropatomittenza 2: Stai a fa er regazzino!

Capita che ti svegli parecchio dopo il suono della sveglia. E ringrazi.
Capita che apri la finestra, pregando per un poco di sole, giusto per non fare troppo tardi, e trovi la pioggia. E ringrazi.
Capita che avvisi in ufficio che farai tardi, ti metti l'impermeabile, esci di casa e scopri che hanno cercato di rubarti la vespa. E ringrazi.
Capita che scopri che, durante il tentativo, probabilmente ti hanno spaccato un pezzo costoso della vespa. E ringrazi.
Capita che, dopo aver avvisato in ufficio che il ritardo sarà più lungo del previsto, ti tocca andare in posta a ritirare una raccomandata. E ringrazi.
Capita che, nella raccomandata, la fiat ti avvisa che sono due anni che vai in giro rischiando di ritrovarti il volante in mano. E ringrazi.
Capita che il tuo meccanico ti dice che, pensa un pò, solo per questa specifica campagna di richiamo, la macchina non te la può sistemare lui, ma devi andare da un concessionario. E ringrazi.
Capita che devi aspettare un'ora alla stazione prima che passi un treno, e di impiegare appena due ore per arrivare in ufficio. E ringrazi.
Capita che, mentre accendi il computer, un collega ti comunica che il capo ti vuole licenziare. E ringrazi.
Capita che queste cose ti succedono in sequenza fra la sveglia e il pranzo, che nel frattempo non sei riuscito nemmeno a prenderti uno schifo di caffè.
E tu ringrazi, perchè sai che mandare a morire ammazzato un immortale e onnipotente burlone non ha nessuna utilità.

Poi però le nubi vengono squarciate da un singolo raggio di sole, e tu, come è giusto, alzi gli occhi al cielo e urli con tutta la tua voce: "E basta,su! Stai a fà er regazzino!".

venerdì 11 dicembre 2009

Scleropatomittenza 1: sui gatti e i motivi personali

Avete presente quella piacevolissima sensazione, si, proprio quella li, di ritrovarsi un simpatico felide domestico che ti si dondola aggrappato proprio in mezzo alle gambe? Si? Immaginate che questo felide dalle pessime abitudini stia li, otto ore al giorno, cinque giorni a settimana, da un paio di stagioni a dondolarsi aggrappato ai tuoi gingilli.
Vi capiterà, magari di lunedì mattina dopo la cazziata del capo prima del caffè, o di venerdì alle sei dopo che lo stesso capo vi chiede se potete restare un paio d'ore in più, che al suddetto micio, che visto che ha gran senso dell'umorismo vi sta pure perculando, avreste voglia di tirare in faccia la prima sedia che trovare, o no?
E se, per puro caso, il pulciosissimo felide sia stato caldamente raccomandato da qualcuno così in alto, ma così in alto che più in alto ci sono, facendo un calcolo approssimativo, meno di due persone all'interno dei patrii confini? Si, gli fai due carezze e preghi che non gli rinnovino il contratto.
E, fuori da qualsiasi discorso politico, ti accorgi di avere dei motivi PERSONALI per auspicare una rapida e rovinosissima caduta del governo.

Tra l'altro il blog oggi compie una settimana, e per festeggiare il lieto evento si pavoneggia dei suoi primi cento visitatori