sabato 10 aprile 2010

Dentro L'area

Per tutte le volte che tiri indietro la gamba. E quello che ti manca di sapere, è come sarebbe andata. Ti guardi dietro ed uccidi la giornata, che il sonno che viene, passerà, il sonno che passa, verrà. C’era ancora il capitano. Ancora c’era. Ed io, avevo un mese e mezzo di vita. C’ero pure io, anche se me ne sarei accorto solo dopo.

Loro ridevano. Noi piangevamo. Ed altri ridevano perché noi piangevamo. Giusto, giustissimo. Perché fossimo stati noi a ridere, loro avrebbero pianto. Quindi giusto. Estremamente giusto.

Ma l’importante, in tutto questo, è il ruolo. Il ruolo che ha avuto uno. L’uno, che da solo ispira. Apre, inventa, realizza. Che poi, stringendo, è quello che la gamba l’ha tirata indietro.

Sapete, io, non vengo mai impressionato dalla forza, dalla quantità, dalla prorompenza. Non amo i super alcolici, non leggo Nietzche, non mangio salato.

Perché puoi fare tutto e farlo bene, magistralmente. Ma deve essere il tuo tocco a stupirmi. La tua eleganza. E cazzo se lui l’aveva.

Tre passi e pugno al cielo.

Senza ostentazioni.

Puro filo di seta, teso a dividere il bello, dall’inimmaginabile.

E così, io, gli ho rubato il numero, il 5. E badate bene, non un cinque scritto con le lettere. Un numero 5. Matematico, risoluto, primo, inarrivabile. E che indosso io, ora, con orgoglio.

E dove insegnava lui, c’era geometria nell’area, calcolata e non calcolabile. Non gli serviva essere re, o principe. Solo consigliere, al servizio del Barone. Ma venne il momento d’essere incoronati e lui, non ne volle sapere. Rimase in disparte. Forse, perché l’alloro, gli calzava stretto. Forse per paura. Non lo sapremo e non importa.

Gli altri risero, noi piangemmo.

Io quel numero, lo indosso con orgoglio. Significa tanto per me. E’ ricorrente per me. Non sapremo mai come è che sarebbe andata. Non possiamo immaginarlo davvero. Lui, s’è tirato indietro, una volta per sempre. E questo mi dice tutto della mia vita. Della vostra vita. E’ in una frazione di secondo, che scegliete. Scegliete la direzione ed il passo, il tocco è solo una conseguenza. E io scelgo, sempre, di esserci, sul dischetto. Non tirerò indietro la gamba, che è una cosa che ho visto - e già fatto - troppe volte. In una frazione di secondo, sceglierò il mio passo. Senza rimpianti, senza compromessi. In una frazione di secondo, sceglierò il mio passo. Perché, per il resto della mia vita, il Divino, quel rigore lo calcia sempre.

Nessun commento:

Posta un commento