venerdì 18 dicembre 2009

Scleropatomittenza 4: gli auguri del capo

Ieri ero riuscito a scampare all'orrida sceneggiata, oggi, invece, non c'è stato verso.

Noto con preoccupazione fin dalla mattina che il fastidiosissimo felide già citato qui impartisce tutta eccitata ordini ai suoi succubi, gli fa pulire scrivanie, indossare stupidi cappellini natalizi, imbandire tavole.
Arrivano teglie di pizza, mortadella, mozzarelle, bottiglie di peroni e io, con un moto di disgusto, mi preparo a sopportare l'insopportabile.
Il capo, si, quello che ogni volta che scende nel sottoscala che chiamiamo ufficio non si rilassa se non ha insultato e accusato di nullafacenza e incompetenza almeno un paio di noi, quello che l'altro ieri ti voleva licenziare, quello che ti ha appena fatto sapere che in ferie ci vai punto e basta, e sti gran cavoli che non te le pagano, si, quel gran pezzo d'uomo, si presenta sorridente all'ora di pranzo, ci offende scherzosamente un pochettino e poi, quando sono arrivati tutti, inizia il discorsetto di natale.
E lo fa buonista, il discorsetto, pieno di stima e di speranze di continuare insieme, e di essere tutti una grande famiglia. E a me, che sto alla diplomazia come un vegetariano a una braciolata, un travaso di bile non me lo toglie nessuno.
A migliorare la situazione interviene il Lacchè del capo, che gira con una macchina da 80 mila euro e ha la sola funzione di fare il lacchè del capo, appunto. E ci tiene, e pure parecchio, a precisare quanto è grande il capo, che ci tiene tutti qui, che si sobbarca onori e oneri, più di tutti noi, in questo grande viaggio che facciamo insieme.
E a me, che mi faccio lo straordinario non pagato, e il più grande complimento ricevuto è un "Non capisci un cazzo", mi vien voglia di infilarglieli, onori, oneri e pure un paio di panettoni dove meglio potrebbe comprenderne l'importanza all'uomo che straparla.

Che poi a me il natale piace. Mi piace soprattutto la luce che fa l'albero di natale che ho a casa, mi piace leggere appoggiato al panno verde sul tavolo in salone, mi piace rivedere quel paio di parenti con cui sto bene, ma che, per un motivo o per un'altro, riesco a vedere solo a natale, e ad anni alterni.

Quando il capo nota il panettone, e lo apprezza, che è da intenditori, a me vengono in mente i manager milanesi che ti minacciano da febbraio a dicembre, dicendoti che l'obbiettivo, per loro, è arrivare insieme al panettone. Tanto non è loro il posto a rischio. Raggiungo il mio personale limite e me ne vado, guardatemi pure male. E fottetevi, voi e il natale, che me lo state mandando di traverso.

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