giovedì 27 maggio 2010

Quel che deve restarti, poi (Hole iz that j’adore)

Quel che deve restarti, poi, alla luce del sole, è quella meraviglia che t’ho disegnato sul volto, in una “O” perfetta. Perché nessuna, e dico nessuna, ha mai saputo sorprenderti come ho fatto io. Quel che deve restarti, non andarlo a cercare nel disordine scomposto della nostra follia. Non andarlo a cercare nelle confezioni scartate dei preservativi – che stringevano troppo -. Non siamo stati presi dalla notte per essere dimenticati. Il giorno è solo un intervallo, fra i nostri bisogni, e la mattina, questo non può cancellarlo. Si, le cose che devono restarti, non cercarle nelle impronte delle mie mani. È un viaggio che abbiamo fatto insieme e sono sicuro, che li, sul muro, trovarai le tue stesse orme. Quel che deve restarti, non è nei numeri da circo in cui ci siamo prodigati. Siamo stati piuttosto un puzzle che non combaciava, ma che, per come l’abbiamo messa, s’incastrava. Vedi, che poi alla fine, la vita è come le lenzuola che abbiamo lasciato. Stropicciata. E dove tirarle, l’abbiamo deciso noi. E aspetta a dire che la cena non è rimasta. Hai presente quando t’ho detto che andavo a rifarmi il trucco? Ho mentito. - A proposito, hai lo scarico rotto, chiama l’idraulico, ti ho lasciato il numero sullo specchio -.
So che ora, t’ho lasciato un vuoto dentro e so come ci si sente. Ma se i discorsi non sono rimasti, quel che ancora c’è, è che deve farti ricordare di me, è quella tua camminata strana, testimonianza d’una circonferenza brasiliana. Soltanto una cosa, non ti resterà di sicuro.
Sono i cinquanta euri sul comodino.

Un bacio sulla cappella,
Fernandinho do Brasil

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