venerdì 28 maggio 2010

Tra Viale Zara e Marrakech

Tra Viale Zara e Marrakech (tarantella per il giovane leghista cinico)
di Danilo Cipollini


“Immagina Roma come un buco di culo, con il Raccordo Anulare a fargli da cintura, e dentro sei milioni di minuscoli cazzi che si dibattono per sfondarlo.
Milano pensala come un naso imbiancato di coca che tira su rumorosamente e si gode le ultime botte, Torino come il cervello operaio e buio di quel naso, strafatto di quel che Milano tira, messo a mollo nella nebbia.
Genova e Venezia sono occhi blu mare, con le pupille ristrette, che guardano fisso verso sud, verso Firenze, cuore pigro di questa nazione.
Napoli è un pene, mollemente adagiato su un fianco, senza spunti di vitalità, senza alcuna eiaculazione - tolte quelle che offre il Vesuvio.
Da lì in giù, il resto dell’Italia sono solo gambe. Gambe da donna, gambe da puttana, bellissime da guardare ma sostanzialmente inutili. Un corpo vive bene anche senza gambe. Lo sanno tutti.”
Diego rilegge quello che ha scritto. Non è male, è un buon inizio.
Pure i ragazzi della sezione lo chiamano “lo scrittore”, perché lui è quello che scrive sempre gli articoli che mandano al giornale.
Giornale… Giornaletto, ecco. “Voce Padana”. Un paio di centinaia di copie.
Però s’è fatto un po’ di nome, articolo dopo articolo.
Cristo quant’è tardi. Le nove. Qua in Padania, alle 9 si è già mangiato da oltre due ore.
Meno male che a casa sua si mangia tardi, di solito.
Diego si alza e raccoglie i fogli. Li infila nello zaino e spegne tutte le luci.
Due mandate di chiave e via, fuori, in strada.
Diego esce dalla sezione della lega nord di Biassono.
Il motorino fila veloce per le strade. Fende piazza Italia già deserta, tutta la brava gente lombarda al momento è in casa davanti alla tv. Gente onesta, gente generosa, che lavora duro.
Gente orgogliosa.
E che rende Diego orgoglioso di farne parte.

Diego ferma il motorino dietro un angolo tranquillo. Si tiene il casco in testa. Dallo zaino sfila una bomboletta spray. Verde, verde Padania. Inizia a camminare, senza fretta. Fa una cinquantina di metri. Riconosce un muro giallino e si ferma. E’ casa del suo amico Giuseppe,.
Peppe.
Peppe è nato a Catania. E’ un terrone. E’ venuto a nord coi genitori quando era piccolo, alle elementari stava in classe con Diego. Poi, si son persi di vita. Ha appena rilevato un bar, il bar che era di un onesto Padano… non va bene. Non va per niente bene. Quindi quelli della sezione di Diego hanno deciso di dargli un segnale. Per fargli capire che proprio non ci siamo.
E lo deve fare Diego.
Quasi gli dispiace. Lo conosce, da ragazzini stavano al banco insieme. Ma lo dice anche Umberto, il Senatùr “Chi vuole sposare la Lega poi deve seguire gli ordini”.
La mano guida il getto di spray sul muro. Poche parole costellate di un ottimo dialetto lombardo. Un invito esplicito a ripercorrere indietro la strada che lo riporta in Sicilia.
Diego corre.
Torna indietro al motorino, salta in sella, schizza via.
Il cuore pompa.
Diego accelera.
Diego.

Ogni volta che arriva davanti casa sente una fitta allo stomaco.
E’ sempre così. E’ sempre peggio.
Pensa ai suoi 19 anni, ai progetti che lo portano lontano da casa. Quanto ci vorrà ancora? Un anno? Due? Non importa. “Tegn dur, mai molàr”. Così si dice, da queste parti. Tieni duro, mai mollare.
E se lo ripete, mentre sale le scale.
Tieni duro, mai mollare.
Mentre cerca le chiavi
Tieni duro, mai mollare.
Mentre apre la porta.
Tieni duro, ma... ma…mma. Mamma.
“Ciao, mamma”.
La signora corpulenta si alza dal divano con agilità insospettabile e spegne la tv.
“UEEEE!! DIEGHI’!! Sì tturnate?? Bello a mammà! E come è andata, eh? Dillo, dillo a mammà! Tutto bbuono?”.
Diego Armando Esposito sospira.
La sua famiglia proprio non la regge più.
“Si mammà, andò tutt’bbuono”.

“Mi fa piacere assai. Vieni in cucina, che mammà ti ha fatto la frittata di pasta …”.

E Diego si consola un po’ pensando che almeno, la frittata di pasta alla polenta gli rompe il culo.

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