sabato 2 gennaio 2010

Anno zero.

IoNonTremo è la maschera. Copre il volto di un uomo per creare un immagine da muovere qui online, come una marionetta.
IoNonTremo è un nome che al tempo stesso è un programma, un nome che dice tutto (e dice niente), tre parole: IO, una presa di posizione ontologica, dire IO vuol dire Esisto. NON una negazione, l'ammissione dei contrasti in cui si muove la mia vita. E poi TREMO, un verbo che è un capolavoro. Si trema di freddo, di paura, di gioia, si trema di malattia, si trAma (l'unione fra trema e ama, e al tempo stesso tessere una tela o stendere la trama di un romanzo, ordire un piano, lentamente, piano piano).

IoNonTremo è fantasia. Bella, ma fantasia.
L'uomo è Danilo Cipollini, ed è entusiasta.

Finalmente è finito il 2009, un'annata mediamente di merda, con punte "molto di merda" fino ad ottobre, e "ottima" da ottobre a dicembre. Da qui, la media: mediamente di merda.
Sono entrato in questo 2010 di corsa, sfondando la porta al suono del trenino di capodanno (peppè peppè peppè), portandomi dietro le mie ossa rotte per le botte del 2009, i muscoli doloranti per lo sforzo, e un libro sotto braccio.
Un libro MIO sotto braccio, un libro scritto da me.

Una delle poche cose che salverei di quest'anno.
Non so ancor quando uscirà, non so ancora con chi uscirà (trattative in corso), ma uscirà... è fra i buoni propositi del 2010. E, normalmente, quando mi faccio una promessa cerco di mantenerla: sono uno con cui non è bene avere debiti, lo so bene.

Ora che l'ho finito, mentre rileggo le ultime pagine, mi viene voglia di averlo già fra le mani, stampato, finito.
Per questo non resisto e pubblico qui un estratto del primo capitolo.
Che, per assurdo, non c'entra un cazzo col resto della storia.
Ma mi piace, mi piace pensarci ricordando la pioggia di capodanno che lavava via il dolore accumulato, cellulari spenti, occhi stanchi. Mi piace leggerlo e rileggerlo. E farlo leggere a voi.

Enjoy.

Dal prologo di "La Didattica dell'Odio", di Danilo Cipollini.

"Se vi fermate in un giorno di pioggia, in una città, diciamo Roma, diciamo al tramonto, diciamo d'Ottobre, se decidete di fermarvi a Roma, d'Ottobre, al tramonto, mentre piove, ma piove di brutto, piove di quelle piogge di gocce pesanti che inzuppano e quasi fanno male, beh, se deciderete d'Ottobre a Roma di fermarvi al tramonto mentre piove vi accorgerete che la pioggia, sì, la pioggia, fa un piccolo miracolo.

La pioggia mette a nudo le fragilità della gente.

Specialmente quella di Roma, a Ottobre, al tramonto.
Ma ho il sospetto che anche altrove l'effetto possa essere lo stesso.

Non sempre, in verità.
Credo che non faccia lo stesso effetto la pioggia di Messina ad Aprile, né quella di Lodi, a Agosto, di prima mattina, o la stessa pioggia d’Ottobre che cada, però, a Imperia, di notte.

Ma a Ottobre, al tramonto, a Roma, se vi fermate e guardate intorno a voi, mentre piove, e guardate la folla che vi scorre addosso, come acqua sulle rive di un fiume … Vedrete, nel loro sguardo, una piccola disperazione.
La colpa è, io temo, della sensazione, cui la pioggia condanna, di aver perso delle certezze, di non avere più punti di riferimento.

E lì, vedrete scene che resteranno, per voi, indelebili.

Questo perché..
Perché gli esseri umani passano la loro vita, e questo non solo a Roma, e non solo d'Ottobre, a costruirsi piccole corazze.
Le indossano, di norma, in tutte le situazioni per cui sia prevista una, seppur vaga, socialità.
Quando un padre di famiglia dismette le sue ciabatte e si arma di giacca e cravatta per andare a lavorare, con quell'abito assume su di se, contemporaneamente, la sua armatura.

La indossa sull'uscio di casa, dopo aver dato il consueto bacio del buongiorno a sua moglie, e sarà quella corazza a portarlo, sul metrò, mentre si dirige al suo posto di lavoro, a tenere lo sguardo fisso sul quotidiano davanti a sé anziché guardare il dirimpettaio di posto, o il mendicante zigano che gli porge la mano sporca.

Sarà quella corazza a vibrare quando entra al bar e ordina cappuccino e cornetto, stando attentissimo che le vibrazioni nella sua voce non tradiscano nulla che possa essere frainteso, nulla che sia nemmeno lontanamente allusivo verso la barista, che gli sorride.
Già, la Barista … carina, capelli rossi a caschetto, occhi verdi, qualche lentiggine.
Bella, la barista, che a sua volta gli sorride - sorride di rimando al nostro padre di famiglia - perché la sua, di corazza, è una corazza fatta di eterni sorrisi e costante cortesia. L'ha calibrata, in quel bar, attraverso anni di prove, assidue, quotidiane … Assurdi quanto pressanti tentativi di sorriso.
IL sorriso, quello giusto, quello disponibile, cortese, e forse vagamente malizioso (ma appena appena, di quella malizia che la vedi ma non ne sei, poi, così sicuro), un sorriso che attragga i clienti senza, tuttavia, trarre nessuno in inganno – deve essere chiaro cosa realmente sia, quel sorriso..

E cioè, una corazza.

La corazza di un adolescente sarà composta di spavalderie coi compagni di classe e di qualche grammo d'erba nascosto nella tasca dello zaino o, se l’adolescente è meno fortunato, di canzoni ascoltate nel buio della sua cameretta in un’aria impregnata dall’odore forte dei suoi ormoni in pieno risveglio.

Quella d'una puttana, di calze a rete, notti fredde e irrinunciabile sensualità, o al massimo fatta di quello sguardo annoiato che spesso porta gli uomini a illudersi di essere loro, proprio loro, e non gli altri dieci che già ne hanno pagato i servigi quella sera, o i cinque che dopo di loro li pagheranno, l'emozione che lei aspettava.

Sono trucchetti, queste corazze.
Espedienti.
Mezzucci.
Ma non dobbiamo disprezzarle, affatto.
Se non fossero importanti, determinanti, non sprecheremmo tanto tempo, ogni giorno, a perfezionarle, lucidarle, calibrarle.

Le corazze ci servono perché definiscono il nostro ruolo. Stabiliscono qual è il nostro posto nel mondo, o almeno il posto i cui vorremmo stare, quello a cui aspiriamo. Ci servono perché il mondo, se preso tutto insieme, è troppa emozione, un colpo troppo forte, e noi non siamo abbastanza capienti, o forti, da berlo tutto insieme. Traboccheremmo, strariperemmo, e ne saremmo lacerati.

Quindi, ci proteggiamo con le corazze. Attuiamo una selezione all’ingresso nei confronti del mondo.
Limitiamo, per convincerci di non essere limitati da lui.

Sono però, queste corazze, corazze idrosolubili. Certe piogge possono scioglierle, ad esempio quella d'Ottobre, a Roma, al tramonto. E allora, tutte le certezze difficilmente accumulate, per un po' spariscono.
E' qui, proprio qui, che può accadere persino che una donna in carriera chieda un passaggio nella loro auto scassata a due giovani fricchettoni che, normalmente, guarderebbe pensando "spero che mio figlio, quando ne avrò uno, non diventi come loro" per superare una pozzanghera di quelle, chilometriche, che si formano d'improvviso per strada a Roma, d'Ottobre, quando piove gocce pesanti. E' qui che la gente può fuggire a ripararsi ingombrando la veranda di un bar, senza che il proprietario batta ciglio.
Perché la pioggia scioglie le corazze e ci rende nudi. La chiave è proprio qui. Nudi in maniera equanime, non qualcuno nudo e qualcuno no.
Tutti nudi, e per questo solidali fra noi.
E’ un attimo, subito ci si unisce, ci si raggruppa, si stabiliscono ponti e legami.

Nessun uomo è un isola, e anche se in realtà non fa altro che cercare di rendersi tale, per tutta la sua vita, proprio nel momento in cui l'acqua, davvero, sale e lo circonda, nel momento in cui più assomiglia a quell’isola a cui aspira...
Beh, proprio quello è il momento in cui più si distanzia da essa.

Se mai vi troverete sotto la pioggia, al tramonto, d'Ottobre, preferibilmente a Roma, ma anche in qualsiasi altra città, va bene lo stesso … Se mai vi accorgerete che gli uomini intorno a voi stanno smettendo di essere isole, beh, per favore, fate una cosa per me.
Anziché correre a ripararvi, anziché smettere, ostinatamente, a vostra volta di essere isole, anziché fare spazio sotto al vostro ombrello a una vecchietta o a un bambino, come forse fareste, mentre la vostra corazza si scioglie, voi chiudete l'ombrello e rimanete fermi, sotto la pioggia d'Ottobre, sotto al peso infinito del tramonto.
E accettate, con onestà, di essere isole fino in fondo.
Non c’è niente di vero se non l’Odio, e la vostra corazza, a questo Mondo.".

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